Gennaio 24, 2017

Animali, cinema e proteste

FILM CHE CAMBIANO LA VITA

Il cinema è un grande veicolo di maturazione popolare e personale: attraverso la spettacolarità e l’intrattenimento a base di trame inventate ma anche di documentari e storie vere, un film può scuotere le nostre coscienze, il nostro modo di sentire: attraverso gli occhi entrano con immediatezza immagini che a volte diventano indelebili. Un buon film può fare molto per cambiarci la vita: rendendola più fine e ardita, o pacata e consapevole, così come anche un cattivo film può riempirci la testa di cose molto lontane da noi, ma non per questo meno potenti.

QUA LA ZAMPA! E THE FOUNDER

Due film, in questi giorni fanno parlare di sé, e sono Qua la zampa! del regista svedese Lasse Hallström, incentrato sulle molte vite di un cane e The founder di John Lee Hancock, la storia dell’imprenditore americano che ha fondato la catena di fast food McDonald’s.

Ecco, allora, appena arrivato nelle sale italiane, Qua la zampa! il nuovo film di Lasse Hallström, già reso famoso dal delicato Chocolat, dal romantico Le regole della casa dei sidro, dall’inquietante La mia vita a 4 zampe e anche dallo struggente Hachico – il tuo migliore amico, la storia vera del rapporto indissolubile tra un cane e il suo amico umano, interpretato Richard Gere.

Oggi è la volta di Qua la zampa!, il cui protagonista è Bailey, un cane che racconta in prima persona ciò che gli accade, e durante le vicende raccontate si reincarnerà 5 volte. Hallström ha dichiarato il suo amore per gli animali e soprattutto per i cani, che lo affascinano come esseri perché affidabili, seri, semplici, in un intervista al Corriere ha dichiarato che è stato piuttosto semplice dirigerli: «Sono attori nati», raccontando anche alcuni dettagli di come siano stati allenati non solo i cani protagonisti ma anche le loro “controfigure”, in modo da rispettare anche la loro stanchezza e i loro giorni no.

GLI ANIMALI COME ATTORI: FORZATI O INCONSAPEVOLI?

Però è notizia di alcuni giorni fa, dopo il lancio del film in Italia, che la PETA (People for the Ethical Treatment of Animals) abbia chiesto pubblicamente di boicottare il film del regista svedese perché in un filmato del backstage delle riprese si vede con chiarezza uno dei cani terrorizzato dalla messa in scena (pare sia stata una piscina, che doveva rappresentare un fiume impetuoso, a spaventare l’animale) e obbligato a lavorare lo stesso. E sembra essere una cosa seria e grave perché l’American Humane Association, che vigila ufficialmente sul trattamento degli animali nei film americani, ha sospeso il proprio funzionario presente sul set e, inoltre, il regista Lasse Hallstrom ha dovuto precisare con un Tweet di non aver assistito a quelle azioni, e che è già in atto un’indagine accurata per appurare fatti e responsabilità.

SAPER GUARDARE AL DI LA’ DELLA TRAMA

Un altro film che sta suscitando proteste, almeno qui in Italia è The founder, la biografia di Ray Kroc, fondatore della catena McDonald’s: prima commesso viaggiatore nell’America degli anni ’50 e poi diventato, grazie al suo fiuto per gli affari, il proprietario della catena di fast food più famosa al mondo, e non solo per questioni gloriose: a Milano, un gruppo di attivisti delle “Iene vegane” ha preso posto davanti ai cinema che avevano in programmazione il film, cercando di attirare l’attenzione delle persone sugli aspetti meno conosciuti del business di McDonald’s: «Noi vogliamo ricordare come “Il fondatore” abbia abbagliato con il suo sinistro pagliaccio intere generazioni di famiglie, giovani e bambini, occultando abilmente i suoi comportamenti immorali che passano dall’uccisione di milioni di animali allo sfruttamento dei lavoratori, anche minori, a comportamenti antisindacali, alla omologazione culturale. Principali vittime di questa fascinazione sono i bambini attratti dal cibo spazzatura».

INTERROGATIVI CHE VALGONO UN FILM… ANZI DUE

È giusto, pur con l’intento di diffondere l’amore o il rispetto per gli altri animali, far compiere agli animali stessi, gesti che non comprendono (o almeno non li comprendono appieno)?
Perché dedicare la produzione di un film all’avventura di un uomo che per profitto, prima che per qualsiasi altra ragione, ogni giorno è il responsabile principale della costruzione di allevamenti intensivi e di un land grabbing dagli effetti devastanti? Perché lasciare che, grazie alle sue doti di fascinazione (e certamente a un potente ufficio di comunicazione) questa multinazionale riesca ancora a far passare come una cosa allegra e buffa un mare di dolore e di cibo insalubre?
Anche solo pagando il biglietto di una sala cinematografica, o scegliendo di non andare a vedere quel film, possiamo rispondere a queste domande non facili.
Ilaria Beretta
24 gennaio 2017